






I bambini del Khumbu hanno gli occhi neri.
Pieni di luce.
Forse perché sono così vicini al cielo.
Quando guardano nell’obiettivo, il telefono va in mille pezzi!
Per loro, come per ogni bambino, la realtà è il gioco.
Vivono non avendo niente, la loro abitudine è l’accontentarsi.
Credo che sia per questo che hanno tutto.
Oggi, come sempre quando sono in questi luoghi, ho le tasche piene di caramelle.
Questo mi permette di godere delle loro grazie, con il desiderio di essere visto come amico.
Che ne sarà del loro futuro?
Potranno avere una vita dignitosa?
Ciò che sarà di questa valle e del Nepal passa necessariamente attraverso di loro.
Forse la domanda da porsi è: verrà data loro la possibilità di andare a scuola, di poter studiare, per riuscire a costruirsi un futuro per la loro società, senza essere costretti a vivere di fatica o di espedienti?
Nel frattempo insistiamo nel volerci bene
Forse. Mi auguro che la scuola riconosca la diversità come valore e la differenza come risorsa. Nella Dichiarazione universale dei diritti umani dovremmo più spesso ricordare che ” tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza” . Si parte da qui. Il progetto non investe solo la scuola ma è dell’intera società, poichè gli innegabili e irrinunciabili valori etici e morali su cui poggia caratterizzano il grado di civiltà di ogni Paese offrendo l’orizzonte d’azione al bisogno di convivenza civile e di solidarietà umana. Una scuola quindi per tutti e per ciascuno. Auguro a questi occhi neri oltre un ben-essere anche un ben-divenire.