NOTTE DI LUNA

La sveglia la aveva messa, ma la fermò prima che suonasse. La notte, nera come il buio quando chiudi gli occhi per la paura, era fuori, ancora tutta intera.
Cercando di non pensare a cosa lo attendeva si vestì e cercò di partire, portando con sé il necessario. Salire quella montagna aveva necessità, di attrezzatura, di desiderio.
La lampada che aveva in fronte illuminava il sentiero e gli permetteva di riconoscere i singoli sassolini, il particolare, e tralasciare tutto il resto che lo circondava, rendendo quel gioco più semplice e facile. Libero da paure. Concentrato solo sul suo respiro faticoso.
A guardarlo da lontano, dall’alto, dava l’impressione di muoversi nell’immenso ma protetto come nella pancia di una madre che, una volta messolo al mondo, lo avrebbe protetto usando i denti e le unghie, se fosse stato necessario. Anche contro la bestia ferita più feroce della foresta.
Quasi stava correndo per raggiungere l’attacco della salita. Salita che normalmente richiedeva prima una notte al campo alto, ma che lui aveva riconosciuto come un tutt’uno con la lunga giornata che lo attendeva. 
Era in fuga. 
Una fuga che non voleva spostare il suo corpo, e nemmeno era una necessità di dimenticare. Era una fuga per allontanarsi dalla terra. Lasciare indietro i dubbi, le domande di cui è fatto l’uomo.
Più veloce che poteva, perché correndo, quando il cuore è in gola, il tempo vola. Il suo cuore stava spento in discesa, si accendeva solo in salita.
Indossò ramponi, si infilò l’imbrago, vi assicurò la picozza, agganciò moschettoni e Jumar. Era solo, questo gli procurava ebrezza ed apprensione. Un misto tra felicità e paura. 
La vita. Sentiva il suo scorrere. Intensità, profondità.
Il cielo era ancora nero, l’aria fredda.
Non conosceva quella montagna, ma credo che lei invece lo cercasse da tempo. È così che succede. Con la sua malizia di femmina.
Il respiro affannoso. Un colpo di picca. La Jumar che scivola in avanti lungo la corda. Un passo. La punta del rampone che fa rumore.
Il cuore sobbalza, il respiro diventa intenso.
Quello che cercava era sentire quell’attrazione irresistibile, come se qualcuno lo aspettasse.
Là fuori trovava chi gli mancava. Chi lo aveva lasciato, chi lo aveva trovato. Con i loro tempi arrivarono anche la luce del giorno, la cima, il placarsi del respiro. Si avviò quindi a scendere, perché un cerchio non si regge finché non è chiuso.
Poi aprì gli occhi, la sveglia stava suonando.
E c’era la luna