Oggi ho scalato l’Ama Dablam

È una montagna vertiginosa.
Entrarci di notte mi ha emozionato con le sue dimensioni e la sua verticalità.
La sua bellezza è urlata.
L’ho cercata per una seconda volta, ogni volta che alzi lo sguardo in Khumbu lei è sempre lì.
Difficile per le mie capacità, a tratti mi sono fatto un po’ di violenza per insistere.

Pensi che la tua felicità sia dovuta all’averla salita?
Stà lì la felicità?
No, la felicità non te la dà una montagna, devi andartela a prendere ovunque essa sia.

Questa montagna è stata forse un pretesto per essere qui, cercando strade che mi conducano attraverso sentieri fatti di lontananze, di sogni, di solitudini, di bellezza, a sentire forte le mie necessità.
Salire le montagne è un gioco che mi piace e mi fa stare bene, ma sono le persone che fanno la mia esistenza.
Sono un bimbo che cresce e la vita nuova che arriva.

Poi c’è il mio legame con questa gente.
Oggi, mentre scendevo verso il campo base, stravolto dalla stanchezza dopo questa lunga giornata, mi sono visto venire incontro un volto amico.
Era Phurbà, il kitchen boy, l’aiuto cuoco sempre disponibile al campo, che si era fatto un’ora/mezza di salita per venirmi incontro, per offrirmi Coca Cola e cibo, ed ho dovuto insistere per non dare a lui il mio zaino.
In Nepal, tra contraddizioni a volte incomprensibili, c’è un grande cuore.
Voler loro semplicemente bene, loro che per primi ti vogliono bene, non basta.
Voglio fare di più.